interventi

Internet è la nuova Lsd?
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La presenza costante della Rete nelle nostre vite quotidiane è innegabile. Costruiamo le nostre identità sui social, siamo sempre più interconnessi, viviamo mondi virtuali, ma pare non bastare… Sempre più persone vanno alla ricerca di usi tradizionali e sciamanici per raggiungere stati modificati di coscienza profondi, ne è un esempio la diffusione planetaria delle cerimonie di Ayahuasca.



Matteo Saltalamacchia
Introduzione storico-filosofica: le radici comuni di cibernetica
e psichedelia

Il gruppo dei cibernetici (Conferenze Macy 1946-1953)

Tra gli oltre 50 partecipanti alle conferenze di Cibernetica (matematici, biochimici e scienziati sociali), Harold Abramson diede l’LSD a numerosi di loro, organizzando una successiva serie di incontri dedicati esclusivamente all’LSD (Macy Conference 1953-1959) che culminarono con la prima conferenza internazionale sull’Uso dell’LSD in psicoterapia (1959).
Parte di queste ricerche è legato allo scandalo del programma CIA MK-Ultra sul controllo della mente, con suicidi di stato ed esperimenti oggi impensabili su uomini e animali, ma tra i molti consulenti passarono i futuri promotori del movimento psichedelico.
Un’interpretazione ecologica della cibernetica arrivò poi in California tramite Gregory Bateson, tra i cui illustri studenti ‘acidofili’ della Silicon Valley troviamo Stewart Brand, profeta dei personal computer, che promosse le idee del maestro con The Whole Heart Catalog, la ‘rivista-bibbia’ che Steve Jobs definì ‘una sorta di Google 35 anni prima’ e che lo ispirò (oltre all’acido) con l’augurio ‘stay hungry, stay foolish’.
Dal punto di vista della filosofia morale le storiografie sottolineano le infinite connessione tra i due filoni di ricerca o per indicare una via di liberazione politica e spirituale oppure per mettere in guardia da intenzioni manipolatorie, siano quelle delle nostre stesse istituzioni o altre che alludono a più ampi complotti (illuminati, rettiliani, ecc.).
Dal punto di vista della filosofia della mente e dell’epistemologia il modello-macchina continua a influenzare la ricerca sugli psichedelici (come tutta la psicologia), orientando l’osservazione scientifica all’analisi neuro-fisiologica.
Ma in che senso i computer sono un modello del sistema nervoso?
E il nostro codice genetico può essere paragonato al programma
di un computer?
Fino a che punto l’analogia tra inconscio collettivo e internet può orientarci nell’introspezione dello ‘schermo della coscienza’?
Domande che fanno risalire cibernetica e psichedelia a dilemmi comuni della scienza e della filosofia della mente tra cui:
• modello analogico (gestalt) vs modello digitale (reti neurali);
• la teoria delle percezione dei colori di Goethe vs quella di Newton;

• libertà del comportamento vs necessità.

Matteo Saltalamacchia, codirettore e cofunder di Buka, mastro di cerimonia in Opposticoncordi, Carnemvale e altre feste alternative milanesi dagli anni ’90. Appassionato studioso di filosofia della mente, si è laureato a pieni voti con un percorso di studi personalizzato, ha approfondito il pensiero sitemico e l’epistemolgia delle scienze umane, le teorie legate all’uso degli psichedelici, la scienza dello spirito, e gli aspetti filosofici del movimento surrealista ‘Patafisico.

In uscita con l’articolo ‘Gregory Bateson e l’LSD’ sulla rivista Altrove 2018, presenta la sua ricerca il 21-24 Giugno 2018 al Forum internazionale di Praga BeyondPsichedelic, e il 23-25 agosto a Torino al convegno Psichedelica della Sissc (Società Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza).



Ippolita

Tecnologie del dominio, un excursus tra allucinazioni e gamificazione

Per descrivere il web delle tecnologie commerciali, la loro invadenza in termini di privacy e controllo e la loro potenza disciplinante, si fa spesso ricorso a metafore provenienti da George Orwell che con 1984 ha dato vita a una potente distopia, basata proprio sul controllo totale del Grande Fratello.
Altre volte, facendo notare che l’asservimento alle nuove tecnologie è del tutto volontario e basato sul piacere, si preferisce citare, non senza ragione, Il mondo nuovo di Aldous Huxley.
I motivi che spingono a nominare entrambi gli autori sono molto validi, ma c’è un altro scrittore di fantascienza, cratore di “universi che cadono a pezzi dopo due giorni”, al quale, forse, vale la pena rivolgersi per comprendere appieno il nostro mondo: Philip K. Dick.
Ma non tanto – o non solo – per il possibile sviluppo della c.d. intelligenza artificiale e quindi dei robot (che lui chiamava androidi), quanto per il concetto trasversale di simulacro che attraversa tutto il piano della realtà, fino a rendere impossibile distinguerla dall’allucinazione.

Ippolita è un gruppo di ricerca indipendente e interdisciplinare attivo dal 2005. Conduce una riflessione ad ampio raggio sulle ‘tecnologie del dominio’ e i loro effetti sociali. Pratica scritture conviviali in testi a circolazione trasversale, dal sottobosco delle comunità hacker alle aule universitarie.
Tra i saggi pubblicati: 
Tecnologie del dominio. Lessico minimo di autodifesa digitale. (Meltemi, 2017);  Anime Elettriche (Jaca Book 2016); La Rete è libera e democratica. FALSO! (Laterza 2014, tradotto in spagnolo e francese), Nell’acquario di Facebook (Ledizioni 2013, tradotto in francese, spagnolo e inglese), Luci e ombre di Google (Feltrinelli 2007, tradotto in francese, spagnolo e inglese). Open non è free. Comunità digitali tra etica hacker e mercato globale (Elèuthera 2005).



Marco Mancuso
(Digicult)
Io sono il mio unico Dio

Uno degli aspetti più interessanti del nostro rapporto con la tecnologia, e di come ci relazioniamo con gli altri attraverso di essa, è la modalità con cui produciamo senso attorno alla narrazione delle nostre identità. Internet, i social network e le strutture p2p hanno amplificato questo fenomeno favorendo la ramificazione di reti sempre più ampie costruite attorno a singoli individui, alle loro personali narrazioni in rapporto a pubblici selezionati sulla base di processi di valore non solo affettivi ma sempre più sociali, economici e professionali. La storia di ogni individuo modellata all’interno di una “società algoritmica” è, sempre più, una storia virtuale. Ma al contempo, più reale del reale. Modellata secondo le nostre esigenze più profonde entra sotto pelle, sviluppa piacere e crea dipendenza, trasfigura la percezione fenomenologica del mondo che ci circonda.
Può un nuovo approccio alle tecnologie del sè consentire agli individui di eseguire un certo numero di operazioni sul proprio corpo e sulla propria anima, per una trasformazione tale da raggiungere un stato di felicità, purezza, saggezza, perfezione o immortalità?

Marco Mancuso è critico, curatore, docente ed editore indipendente, che focalizza la sua ricerca sull’impatto delle tecnologie e della scienza sull’arte, il design e la cultura contemporanea. Fondatore e direttore dal 2005 della piattaforma Digicult, del Digimag Journal, dell’agenzia Digicult Agency e della casa editrice Digicult Editions, insegna presso NABA e IED a Milano, Accademia Carrara di Bergamo ed è visiting lecturer alla RUFA di Roma. Fa ricerca e cura mostre e progetti sul rapporto arte-tecnologia-scienza ed è stato partner di molte delle più importanti istituzioni internazionali del settore. Tiene conferenze e prende parte a tavole rotonde e incontri ed è membro del “Leonardo Affiliate Program” del Leonardo/The International Society for the Arts, Sciences and Technology (Leonardo/ISAST). Collabora con lo spazio per l’arte Adiacenze di Bologna.



Marco Philopat

Internet è la nuova Lsd?

Nel maggio 1996 Timothy Leary sapeva che gli sarebbero rimasti pochi giorni di vita. In combutta con tutti gli abitanti della sua comune decisero di creare una delle prime dirette stream via web.
La sua morte in diretta…
La leggenda narra che volle prendere una dose di Lsd prima di morire, in ogni caso ci sono rimaste le sue ultime parole registrate anche su nastro.

Si guardò ancora attorno e disse: «why?», si grattò la testa e disse «why not?». Pronunciò la frase ripetutamente, con intonazioni diverse: tristi, allegre, pensierose, interrogative. A un certo punto disse «esperanto», poi riprese a ripetere i «why not». Disse «why?» con un filo di voce ancora per un paio di volte, poi ricadde nel sonno profondo. La sua ultima parola, stando alla testimonianza di Zachary Leary, fu «beautiful».

Prendendo spunto da questo episodio evocativo, un vero e proprio handshake1 tra cultura psichedelica e nuove tecnologie, vi farò viaggiare sulla linea di confine che ho avuto la sfortuna di attraversare tra gli anni ottanta e novanta. Racconterò qualche episodio che mi è successo ai tempi con un taglio ironico, cercando di spiegare i momenti fondamentali della trasformazione tra punk a cyberpunk e gli incroci con l’hip hop e la controcultura rave.
Il tutto con in testa una domanda:
“Ma perché la realtà virtuale sembra l’unico campo in cui non si vedono i possibili sviluppi nell’odierna società ipertecnologizzata?
Forse potrebbe essere una sorta di Lsd sensoriale?”

1 Il termine handshake era allora inteso come scambio iniziale di segnali tra computer prima di stabilire i parametri della trasmissione.
Ma ancora prima era utilizzato per definire il momento o la situazione di incontro tra diverse controculture, per esempio il CBGB a New York tra hippie e punk o il brano The magnificent Seven dei Clash tra punk
e hip hop.

Marco Philopat è uno scrittore studioso di cultura underground e attivista culturale italiano. Ha aderito nel 1977 al movimento punk italiano diventandone uno dei più profondi conoscitori e animatori. Nel 1979, con il suo gruppo HCN partecipò alla prima ondata punk rock italiana e nel 1982 fu uno dei fondatori del Virus di Milano. Nel 1987 è tra i fondatori della cooperativa editoriale Shake edizioni underground. Nel 2006 fonda insieme a Paola Mezza la casa editrice Agenzia X. Nel 2015 è coordinatore del progetto “Re/search Milano”.


 


Molecole da prestazione
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Nel 1943 Albert Hofmann sintetizza l’LSD-25 e ne sperimenta casualmente gli effetti di modificazione della propria coscienza. Dopo essere stata commercializzata e utilizzata in psichiatria negli anni ’60 si diffonde a livello di massa per usi psiconautici e ricreativi. Oggi viene assunta in microdosi, come doping della coscienza, al fine di migliorare la produttività.



Massimo Lorenzani

Drug-checking: 20 anni di esperienze e innovazioni del Lab57

Parleremo di una pratica che più di altre si è dimostrata di vitale importanza (e più di altre è stata ostacolata): il Drug-Checking, cioè l’analisi chimica delle sostanze, in forma di test anonimo, che da un lato rivela al consumatore il grado di purezza della sostanza acquistata, dall’altro fornisce agli operatori che effettuano il test la possibilità di monitorare lo smercio di piazza, segnalando la presenza di pericoli, additivi, sovradosaggi, o nuove droghe di sintesi.
Il progetto Lab57 festeggia quest’anno 20 anni di Drug-Checking, iniziando questa pratica al Livello57 nel lontano 1998 grazie al progetto europeo “Sostanze, pianeti, interventi“,quando nacque la prima rete Europea di Progetti di Riduzione del Danno: Basics Network, realtà ancora attiva sotto il nome di Newnet (safernightlife.org).
Da allora il Lab57 con una media di 1500-2000 test all’anno, rappresenta un osservatorio unico in Italia, dove ad esempio, circa 1⁄4 dei campioni analizzati, non contiene quello che il consumatore crede di assumere, cioè in pratica noi italiani siamo le “cavie” d’Europa, perché in Italia circolano le droghe più scadenti provenienti da altri paesi dove vengono analizzate di più e meglio. (www.vice.com/it/article/vd58mm/le-cavie-deuropa-intervista-droga-lab-57-584)
Ciò è dovuto al fatto che la criminalità sintetizza di continuo nuovi principi attivi simili a quelli già conosciuti, le cosiddette designer drugs, proprio per aggirare le tabelle di classificazione delle sostanze illegali.
Da qui la diffusione di 2CB, BZP, AMT, 5-MeO-DiPT (Foxy), mephedrone e innumerevoli nuovi composti.

Riferimenti e approfondimenti dal sito del Lab57.
Intervento del Coordinatore del Lab57 al Convegno di ITARDD
Napoli 2014, Rete Italiana di Riduzione del Danno.

Contesti sicuri, pill testing, chill out e altro ancora.



Tobia D’Onofrio

La parabola di cocaina e ketamina: cosa è cambiato in un ventennio

Ritroviamo una traccia dell’uso ricreativo di Ketamina già in una vignetta dei Freak Brothers del 1975. Timothy Leary si espresse in proposito definendola lo psichedelico più potente al mondo insieme alla Salvia Divinorum. Nonostante questo, l’uso di Ketamina è rimasto per decenni circoscritto a sporadiche esperienze psiconautiche, finchè, con l’avvento dei rave party, non ha conosciuto per la prima volta la diffusione di massa. Inizialmente, però, la Ketamina veniva utilizzata alla fine della festa, per mitigare gli effetti dei troppi stimolanti assunti per ballare. Soltanto a metà anni ’90 avrebbe fatto la sua comparsa sulla pista da ballo, con un impatto enorme sulla socialità all’interno delle feste. Mentre con il cambio di millennio si sarebbe diffuso l’utilizzo della K per iniezione intramuscolare, una pratica successivamente abbandonata dai più, per ritornare, dopo quasi un decennio, all’assunzione per via nasale. Ma la molecola della Ketamina in vendita in Europa non è identica a quella indiana o americana:
quali sono le differenze? E che dire, invece, della cocaina e del boom che questa sostanza ha avuto negli ultimi vent’anni? Come mai da droga dei ricchi è diventata droga dei poveri? Perché anche in Italia siamo stati investiti dal consumo di crack cocaine? Che tipo di impatto hanno queste pratiche sulla nostra società?

Tobia D’Onofrio ha vissuto il movimento rave in Italia, poi nel 1998 si è trasferito a Londra. Appassionato di musica, lavora come giornalista musicale freelance e collabora con “la Repubblica XL”. Ha scritto il libro “Rave New World, l’ultima controcultura” edito nel 2015 da AgenziaX.



Studio Calibro
Digital Trips  –  Una ricerca visuale e guidata dai dati sulle sostanze

Il Web è ormai riconosciuto come un punto di accesso essenziale per informazioni culturali, storiche e scientifiche.
Come viene prodotta la conoscenza riguardante le droghe e le sostanze chimiche nel digitale? Dove si trova e dove sedimenta questo tipo di conoscenza? Come circola la conoscenza prodotta dal basso?
Queste sono alcune delle domande alla base della ricerca che presenteremo, una ricerca che si colloca all’intersezione tra design, studi sui new media e antropologia.

Studio Calibro è uno studio di progettazione multidisciplinare fondato nel 2015 e con sede a Milano. Interessati ad esplorare nuovi percorsi all’incrocio tra design, visualizzazione dei dati e discipline umanistiche. Utilizzano il potenziale della visualizzazione dei dati e della progettazione delle informazioni per fornire strumenti visivi innovativi e coinvolgenti per clienti, utenti e ricercatori, abbracciando la complessità e l’estetica. Il loro background è nel design della comunicazione e negli ultimi anni sono stati coinvolti in attività di ricerca, consulenza e insegnamento per diverse istituzioni pubbliche e private.



Unit hacklab

Hypermemestitions

Magia memetica, iperstizioni e viaggi nel tempo.
Mente alveare, inconscio collettivo e nascita di mitologie.
Paradosso del giocatore e reality tunnel.
Normificazione del proletariato o meme prodotto medio-borghese?
Il tutto in forma circolare (spazio-temporale: hash table o linked list).

Unit è un hacklab che nasce nel 2016 dall’incontro di reduci del Loa e
giovani dispersi, ha una sua materializzazione fisica entro le mura di
Macao.
Dal manifesto: Noi abbiamo sempre nutrito il sogno di una cosa, ma oggi abbiamo scelto di diventare coscienti.
Non vogliamo tutto e subito e non abbiamo fretta, ma aspettiamo una
risposta per domani mattina.



Massimiliano Viel

Suono e sogno

Se è vero che musica e mitologia “mettono l’uomo a confronto con approssimazioni coscienti (…) di verità ineluttabilmente inconscie” (Lévi-Strauss) allora non c’è da stupirsi che sia possibile immaginare la nascita della relazione tra suono, musica e sogno già durante l’alba dell’umanità, non appena veglia e sogno si sono scissi nella coscienza.
C’è chi sogna musica, chi si rivolge alla musica per rappresentare il sogno e chi pensa che musica e sogno siano in fondo fatti della stessa sostanza.
La presentazione sarà rivolta a presentare alcune delle documentate interazioni tra suono e sogno, con particolare rilievo alla tradizione musicale europea e ad alcuni suoi esiti contemporanei, come lo sleep concert.

Massimiliano Viel è compositore, musicista, ricercatore e didatta. Le sue molteplici attività come compositore, tastierista e sound designer lo hanno portato a collaborare con ensemble orchestre e teatri di tutta Europa e con compositori come, tra i tanti, K.Stockhausen e L.Berio, in concerti e tour in tutto il mondo. Contemporaneamente, ha sviluppato la sua ricerca estetica e tecnica nella scrittura musicale, realizzando più di cinquanta opere per strumenti acustici ed elettronici, dallo strumento solista alla grande orchestra, eseguite in più di 15 paesi. Si è inoltre interessato alla relazione tra la musica e le altre forme espressive, realizzando performance e installazioni in stretto contatto con il teatro, le arti visive e la danza. Nel 2001 è iniziata la sua collaborazione con Otolab, con cui ha sviluppato innumerevoli progetti presentati in tutto il mondo. E’ autore di libri e articoli in ambito musicologico e didattico, insegna presso il Conservatorio “G.Verdi” di Milano ed è PhD Researcher presso il Planetary Collegium, T.Node, dell’Università di Plymouth, Inghilterra.